Superare l’attuale sistema dei Tar. Questa frase contenuta nelle slide proiettate dal presidente Renzi durante la conferenza stampa dei giorni scorsi allarma certamente gli operatori della giustizia amministrativa e fra questi gli avvocati amministrativisti.

Dirò subito che questa preoccupazione non è dettata, come si potrebbe pensare, da ragioni di sopravvivenza. Il nostro campo di attività infatti non si limita alla difesa delle parti in giudizio, ma è quello di assistere imprese, cittadini e le stesse pubbliche amministrazioni nell’esercizio quotidiano delle funzioni amministrative e delle attività di pubblico interesse. Campo segnato dall’obiettivo e dall’impegno a realizzare gli obiettivi posti dall’art.97 della costituzione e quindi ben più ampio di quello di assicurare la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi in sede giudiziale.

Gli avvocati amministrativisti sono gli ingegneri del procedimento amministrativo ed in questa veste il lavoro non manca. La riforma complessiva della Pa, la sua semplificazione e la garanzia del diritto alla buona amministrazione, recentemente sancito dalla Carta di Nizza rappresentano una prospettiva in rapporto alla quale dovrebbe anche collocarsi ed essere concepita ogni riforma della giustizia che riguardi l’azione dei pubblici apparati.Fatta questa premessa chi propone il superamento dei Tar dovrebbe rispondere alla domanda se intende trasferire la stessa quantità e qualità di giurisdizione ai giudici ordinari o se ha l’obiettivo di sottrarre al giudice tutto l’ambito della tutela degli interessi legittimi, che rappresenta il nucleo storico dell’azione del giudice amministrativo.

Devo dire che i toni dell’intervento del prof. Prodi di quest’estate sulla stampa ed anche l’intervento di Renzi sulla sospensiva dell’inizio dell’anno fanno pensare che questa possa essere la vera motivazione dell’annunciata riforma. Su questo punto non possiamo che ricordare che si tratterebbe non di un progresso ma di un ritorno all’errore che fu compiuto nel 1865 con la legge abolitiva del contenzioso amministrativo: lasciare il cittadino privo di tutela quando la pubblica amministrazione opera come autorità e consentirgli solo di rivolgere quella che un tempo si chiamava la supplica al Re. Se invece la proposta tende non ad un arretramento dell’estensione della tutela ma semplicemente a realizzare appieno il principio dell’unitarietà della giurisdizione, le ragioni della contrarietà degli amministrativisti non sono meno forti.

In primo luogo vogliamo ricordare che la scelta di costituenti fu quella di fare propria l’opinione del Mortati secondo la quale l’unità della giurisdizione va intesa in senso funzionale e non organico: il che significa che essa non esclude anzi implica vari ordini di giudici.
Una seconda ragione è che se tutto il mondo e la società vanno nella direzione della specializzazione, non si vede per quali ragioni non richiedere un percorso di accesso ed una organizzazione della magistratura specifici per questo ramo della giustizia, che applica una legislazione ed un diritto del tutto peculiari. Questa è del resto la soluzione adottata dai principali e più evoluti paesi dell’unione europea (mi riferisco a Francia e Germania) in cui esiste un sistema di giustizia amministrativa autonomo ed anzi dotato di un numero di giudici ben superiore a quello italiano.

Dobbiamo quindi operare per migliorare il sistema attuale della giustizia amministrativa senza stravolgimenti.

 Umberto Fantigrossi