Pubblichiamo l’analisi di Stefano Bigolaro sulle linee guida Anac. Un estratto della stessa è stato pubblicato sulle pagine de “Il Dubbio”

 

Le Linee guida Anac sugli incarichi legali: qualche considerazione di metodo

 

Si è ora conclusa la vicenda delle linee guida Anacsull’affidamento degli incarichi legali (adottate con il numero 12/2018). E se ne possono ricavare alcune considerazioni di metodo.
1. Ma cosa mi chiedi a fare, se poi fai quello che vuoi?
Nella vita di tutti i giorni capita spesso di porsi una domanda così, magari nei rapporti con i figli o con il coniuge. È la stessa domanda che può porsi il CNF.
L’Anac, sollecitata dal Consiglio di Stato, gli avevachiesto di esprimersi sullo schema iniziale di linee guida. E il CNF aveva fatto un lungo parere sui concetti di fondo della professione di avvocato: illustrando il profilo fiduciario della difesa in giudizio, il legame con i valori primari dell’ordinamento e la protezione dei diritti costituzionali, i rapporti con le direttive europee.
Di tutto ciò si perdono le tracce, sia nel parere finale del Consiglio di Stato sia nelle linee guida ora adottate dall’Anac (il CNF bisogna cercarlo tra i moltistakeholders ricordati nella relazione AIR di accompagnamento).

E non si tratta di questioni prive di conseguenze. Per il CNF servizi legali come la difesa in giudizio e le attività connesse – insomma, quelli dell’art. 17 co. 1 lett. d) del codice dei contratti pubblici sono sottrattiall’evidenza pubblica, e può bastare il rispetto dei principi generali dell’azione amministrativa (cioè,acquisire il curriculum del legale e motivare sul perché ci si rivolge a lui). Solo per gli altri servizi legaliquelli dell’all. IX del codice – l’affidamento deve avvenire mediante un procedimento di evidenza pubblica, come da codice contratti.
Nelle linee guida ora adottate dall’Anac – pur se modificate in vari punti rispetto allo schema iniziale – sicontinua invece ad affermare che anche i servizi legali dell’art.17 non devono essere affidati in base a criteri fiduciari ma, di regola, con una procedura di selezione tra tutti i concorrenti.
2. Se il Consiglio di Stato fa come Bob Dylan
Non canta mai due volte la stessa canzone. La cambia, la rende irriconoscibile. Deve essere un bisogno esistenziale. Ma perché il Consiglio di Stato dovrebbe avere lo stesso bisogno? Eppure...

A settembre 2017 il Consiglio di Stato dubita che una regolazione dettagliata degli incarichi sia compatibile con il divieto di gold plating (cioè, di sovraregolamentazione). Ad agosto 2018 spiega lui stesso che dovrebbero farsi – e in che modo – articolati elenchi tra i legali selezionabili (elenchi ristretti, ma sempre aperti; il che, nella pratica, è pure piuttosto difficile).

A settembre 2017 il Consiglio di Stato parla di una “rilevante – anche se non esclusiva – componente fiduciaria delle scelte”. Ma ad agosto 2018 scrive invece che il rispetto dei principi impone di evitare scelte fiduciarie ovvero motivate dalla chiara fama(spesso non dimostrata) del professionista (strano passaggio: la fiducia non è la chiara fama. Che avessein mente qualcuno ?)

Eppure la fiducia non è tema su cui avere incertezze. È un presupposto del rapporto tra avvocato e cliente. Deve esserci perché ci sia il rapporto. È la base della professione.          
3. Mi ha già detto che va bene così

Le linee guida dellAnac ora adottate ricordano a ogni piè sospinto la loro aderenza al parerel’ultimodel Consiglio di Stato.          
Se ne invoca l’avallo: chiedere un parere al Consiglio di Stato non c’entra con la gentilezza. Così, il Consiglio di Stato ha finito per concorrere con l’Anac a fare le linee guida. E pare un po’ imbarazzante che sia lo stesso organo a dover giudicare in ultima istanza sulleimpugnazioni delle linee guida che verranno ora proposte.
Anche perché è una questione di ruolo. Quello dell’Anac, che si era attivata sul presupposto che tutti gli incarichi legali fossero appalti. Ma che interviene ora, pur dopo aver sposato la tesi del Consiglio di Stato che sono appalti solo gli incarichi dell’all. IX. Ilpassaggio è più o meno spiegato così dall’Anac: se mi occupo di una cosa, allora mi occupo anche dell’altra, perché devo definirle tutt’e due. Sembra evidente latendenza espansiva dell’Anac: avallata anch’essa, in tal modo, dal Consiglio di Stato.
4. Le best practices, è più facile scriverle

Nelle linee guida ora adottate si spiega quali sono le migliori pratiche per l’affidamento dei servizi legali: per dire, costituire elenchi che favoriscano l’effettivo confronto concorrenziale, pubblicati sul sito dell’ente, modificabili, integrabili, corredati da schede riepilogative, preceduti dalla pubblicazione di un avviso per sollecitare manifestazioni di interesse, con lacomunicazione dell’avviso all’Ordine competente per territorio (ma perché solo a quello?). Una volta costituiti, l’uso degli elenchi per selezionare gli operatori non pare neanch’esso semplice. Ma secondo l’Anac tutto questo avrà effetti positivi sullacelerità dell’azione amministrativa.

Insomma: è più facile dire agli altri come fare le cose nel miglior modo possibile. Ma – sia chiaro sono indicazioni e non vincoli. Specie se in concreto si rivelino non praticabili.

5. La cosa più importante
L’equo compenso è la cosa più importante: una novità legislativa che non c’era quando la vicenda è iniziata.Le amministrazioni hanno l’obbligo di garantire il principio dell’equo compenso, che è quello conforme ai parametri, che sono divenuti inderogabili nei minimi.Tutto ciò ha effetti rilevantissimi anche in concreto, su come vanno fatte le gare.

Su questo, un passaggio esplicito doveva esserci. E forse un po’ nascosto ma c’è: nel definire cosè l’economicità, le linee guida ricordano che le p.a. sono tenute ad accertare l’equità del compenso, nel rispetto dei parametri. E vi si trova questa affermazione: “il risparmio di spesa non è il criterio di guida nelle scelte che deve compiere l’amministrazione”.

È abbastanza. È l’addio a quelle gare solo al massimo ribasso che negli ultimi anni hanno dominato il mercato delle p. a.

P.S.: un possibile equivoco sull’equo compenso

Va peraltro chiarito un equivoco, che non è colpa dell’ANAC.

Se la p. a. deve garantire il principio dell’equocompenso, non basta che lo metta a base di gara. Conta l’esito finale della gara. Insomma: bisogna che il corrispettivo concretamente riconosciuto al vincitorenon sia iniquo, cioè inferiore ai minimi inderogabili dei parametri.

 

 Stefano Bigolaro

(Consigliere Unione nazionale avvocati amministrativisti)